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relazioni per il genesio

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"Flea 90"
view post Posted on 24/11/2007, 20:00




salve, sull'esempio di rat-male, di cui sono compagno di classe, lascio alcune relazioni relativamente ai "bellissimi libri" che il prof genesio ci propina. con queste relazioni io ho sempre preso + di 6 e mezzo(se ci riesce rat-male, allora ce la fanno tutti....). io inserisco quelle dei 4 libri che ho letto, sono una barcata di roba ma se vi servono basta copiare quella utile. spero di essere stato d'aiuto. ciao a tutti

-Relazione del libro:
“Capitalismo e civiltà materiale”
di Fernand Braudel

Da quando l’uomo è tale è sempre stata presenta la volontà, il desiderio di possedere e avere più dei suoi simili, non solo per quanto riguarda lo stretto necessario, ma anche per quanto riguarda il superfluo e l’opzionale, superfluo e opzionale con il passare del tempo diverrà qualcosa di sempre più comune da diventare parte dell’uso quotidiano o addirittura da essere dimenticato. F.Braudel, all’interno del suo saggio c' introduce e documenta quell’ abitudine e caratteristica stessa dell’essere umano che è poi il capitalismo; l’autore per mostrarci questa consuetudine, che con il passare dei secoli è rimasta anche se cambiando gli “obiettivi” o gli oggetti del desiderio, immutata nell’uomo, comincia col darci un quadro dei cambiamenti di popolazione a livello globale.
Dai suoi studi emerge che fin dai primi secoli del mille esistevano zone della terra maggiormente o minormente popolate dagli uomini; popolazione che è via, via aumentata (eccetto ad alcuni casi come enormi pestilenze, carestie o guerre) col passare del tempo fino a giungere all’enorme cifra che raggiunge oggi l’umanità. Il numero degli uomini, tra l’altro non sicuro poiché le stime proposte sono principalmente elaborazione su dati quantomeno dubbi, era in passato veramente esiguo rispetto ad ora( per esempio la popolazione europea dell’xv, xvi sec era tra gli 80 e i 100 milioni di abitanti, si pensi che oggi solo l’Italia ne ha all’incirca 45) ed era soggetto a continui aumenti e diminuzioni dovuti a varie cause(in primis le già citate pestilenze e carestie).
Il nemico mortale dell’uomo a partire soprattutto dal XII sec erano le pestilenze, intese non solo con le epidemie di peste ma anche con malattie come il tifo e altre di tipo endemico, che falcidiavano letteralmente la popolazione, uccidendone in alcuni casi fino ai quattro sesti; a contrastare queste malattie non esistevano ovviamente misure e le poche prese erano inutile ed a volte nocive esse stesse. Le pestilenze erano a carattere ciclico, ovvero la peste per esempio, si ripresentava ciclicamente, era a Parigi negli anni 1612,1619,1631,1638….. Ovviamente una tale proliferazione di malattie era dovuta in buona parte dalle scarse condizioni igieniche presenti e dilaganti.Questi cambiamenti della popolazione erano continui, dove ad un periodo di proliferazione e di crescita si succedeva un periodo di carestia, pestilenza e guerre; questi avvenimenti rimettevano, in un cero senso, in sesto il rapporto bocche da sfamare-cibo disponibile. Un altro dato importante era la speranza di vita, che è andata via via ad aumentare col passare del tempo. Questo popolamento su scala mondiale era molto vario da zona a zona, basti pensare che nelle zone più impervie l’uomo ha cominciato a proliferare, o più precisamente a stabilirsi in epoche più recenti, rispetta a zone più favorevoli allo sviluppo senza un grande uso di fatica e lavoro. Dopo aver considerato l’aspetto della popolazione Braudel si rivolge a una altro ambito al tempo stesso indispensabile per la vita ma anche rappresentante il lusso e il superfluo, il cibo.
Partendo da una ricerca su le varie alimentazioni l’autore ci mostra quello che era il cibo per i poveri, per i benestanti e per i nobili; come primo passo si sofferma sul pane, pane che era l’alimento sovrano sulle tavole europee. Questo pane era la più importante(e spesso anche l’unica) pietanza che era a disposizione dei poveri; con questo alimento non si deve intendere però il pane che noi conosciamo come l’unico esistente. Il pane di farina bianca(il nostro) era nientepocodimeno che quello dei nobili, o comunque di persone agiate che potevano permetterselo; il pane quotidiano(solo apparentemente perché spesso si cuoceva il pane solo raramente e doveva dunque durare per settimane) dell’uomo medio era o fatto con farina di segale, o comunque con cereali minori, o fatto con grano poco lavorato o di farina per esempio di castagne, fino ad arrivare agli estremi del pane fatto con cortecce e ghiande. Il pane era dunque alimento base e lusso. Dietro a questo però si trovava principalmente il frumento, cereale che era commerciatissimo e dietro al quale era riposta la gran parte del lavoro dei contadini; ad ogni carestia di frumento il prezzo del pane lievitava e diventava lusso perfino nelle sue forme più a “buon mercato”.
Per quanto riguarda l’Asia al posto del pane c’era il riso. Utilizzato soprattutto dai cinesi e dai giapponesi, anche se era molto diffuso anche nell’Indocina, aveva una resa calorica molto maggiore del corrispettivo alimento base europeo ed in più aveva una resa estremamente maggiore rispetto al frumento. Il commercio del riso, fatta eccezione per l’Asia, non era molto sviluppato; per gli europei era, infatti, usato solo in caso di carestie e\o per l’alimentazione per esempio navale.
Il riso però monopolizzo la scena alimentare occidentale, poiché era praticamente l’unico cibo conosciuto ed utilizzato. Per quanto riguarda invece l’alimento al terzo posto nell’utilizzo su scala mondiale Braudel identifica il mais; già utilizzato in maniera preponderante dagli indiani d’america fu in Europa piuttosto snobbato, benchè la sua resa sia in termini calorici che in termini di quantità fosse molto maggiore dell’onnipresente grano. Il suo ruolo come pianta dominante nella scena alimentare arriva solo nel XVIII sec. Esistevano poi una serie di altri alimenti che però erano in secondo piano rispetto ai tre già nominati, poiché l’alimento principale erano i cereali.
Braudel c’introduce così quelli che sono gli alimenti base, necessari e spesso unici dell’alimentazione mondiale antica, per quanto riguarda almeno i poveri ed i meno abbietti.
Esistevano però delle eccezioni, ovvero un’alimentazione e delle bevande che riguardavano anche il lusso; non è del tutto giusto pensare che i già citati cereali fossero l’unica fonte di alimentazione del popolo, c’era ad esempio anche la carne o i formaggi. Il non averli citati come alimenti prima è dovuto al fatto che quelli consumati dai poveri o comunque dalle persone “normali” era veramente esiguo; la carne, infatti, tanto per citare un esempio era, per un certo periodo, praticamente l’unico cibo presente sulle tavole dei nobili europei, cibo che ci fa venire alla mente gli immensi banchetti che vediamo sui quadri o che nascono dal nostro immaginario della tavola di una corte medievale.
Questo consumo della carne avveniva, solo tra i più abbienti, in Europa; la Cina ne era praticamente estranea ed allo stesso modo il Giappone o le Americhe. Va detto però che questa abitudine andò a scemare alle corti europee dal 1550. Tra i nobili, per indicare la loro casta, non era solo il sovrabbondante consumo di carne a distinguerli ma era anche la stravaganza delle pietanze che mangiavano, a differenziarli dalle masse; piatti intrisi di aromi di ogni tipo che al solo pensiero disgusterebbero una persona contemporanea. Lasciando stare i nobili possiamo identificare come alimenti di secondo piano le uova, i latticini e le materie grasse, come strutto, che costituivano una buona fonte calorica ma che erano piuttosto snobbati dal popolo, poiché l’egemonia del frumento e degli altri cereali citati era pressappoco totale. Come altro alimento, quasi come un secondo pane per alcuni paesi va ricordato il pesce, tra cui spiccano l’aringa(secca, ovviamente) e soprattutto il merluzzo, pescato in enormi quantità e base di un solido mercato.
Un classico esempio di moda e lusso assieme era il pepe, passato da un periodo di floridezza incredibile, dotato di un immenso valore commerciale, ad un secondo periodo di decadenza o meglio di un elemento culinario che non si identificava più con il lusso, ma con la normalità.
Lo zucchero invece, dopo la scoperta della canna e successivamente della barbabietola da zucchero ebbe un incredibile successo; esso creò infatti uno straordinario mercato, che fruttava alti guadagni, con la sua differenziazione per la qualità. Ieri come oggi la bevanda principale era l’acqua. Essa era utilizzata da tutte le classi sociali anche se con delle eccezioni; le stravaganze esistevano anche in questo campo, dove i nobili ad esempio utilizzava la cosidetta acqua di ghiaccio, anziché la “volgare” acqua comune. Ovviamente parlando d’acqua non possiamo dimenticarci del vino che diventò in buona parte di Europa la bevanda regina, più consumata; vino che inizialmente era preferito per il suo tasso alcolico(più alto esso fosse, maggiore era il favore riscontrato), solo successivamente cominciò a delinearsi per la sua qualità. Esso costituiva una mercato floridissimo che era egemone in Europa, seguito anche se lontanamente in primo luogo dalla birra, la bevanda più diffusa in alcune parti di Europa ed in secondo luogo dal sidro(per quanto riguarda la Normandia e pochi altri luoghi, comunque anche qui poco più di un fantasma confrontato alle due “signore bevande” già citate). Ed ecco che dopo di queste fa la sua entrata l’alcool, inteso come l’acquavite, il vino distillato più volte che aveva il suo enorme tasso alcolico e che serviva sia come bevanda, sia come base per i liquori; questo ebbe la sua fortuna soprattutto in Europa, perché in Cina e più generalmente in Asia esisteva sì il liquore, ma era quello fatto col riso. Parallelamente o quasi ad esso nacquero la vodka, il rhum e buona parte dei più famosi liquori che tutt’oggi conosciamo, rovina dell’ uomo soprattutto(almeno in un’ottica storica degli indiani di america, che già conoscevano liquori ma che solo con la diffusione da parte degli europei conobbero la loro distruzione). Con la scoperta delle americhe si affacciò sulla scena il cioccolato, che divenne una bevanda ricercata e alla quale vennero incontro buone critiche; inutile dire che anche su questa si formò un fruttuoso mercato. Come nuove bevande ebbero un ruolo egemone soprattutto il caffè ed il tè. Il primo proveniente dall’Arabia incontrò un’incredibile diffusione a partire dal 600’, con un gigantesco mercato dietro che divideva per qualità i chicchi e che provocò la diffusione, soprattutto in Francia di centinaia di botteghe dove veniva servito, luoghi di ritrovo e di chiacchericci dove era venduto oltre a questo anche il liquore, erano le antiche caffetterie.
Come e forse più del caffè il tè assunse un ruolo importantissimo sia da un punto di vista del consumo sia da un punto di vista del valore commerciale; inizialmente usato come bevanda curativa (un po’ la sorte anche delle altre già elencate)fu successivamente utilizzato in massa e divenne una bevanda diffusissima. In Cina ed in Giappone da sempre si conosceva il tè che era utilizzato per pasteggiare ed era bevuto incessantemente. A seguito i maggiori importatori divennero l’Inghilterra e la Francia, creando delle vere e proprie flotte per il trasporto e creando un mercato vastissimo.
Ricordando questi prodotti provenienti dal nuovo mondo o comunque in buona parte pervenuti dalle grandi scoperte geografiche del XV sec, non si può escludere il tabacco che divenne utilizzatissimo e diffusissimo, in svariati usi(sempre comunque relativi all’uso come sostanza da fumare o comunque di “piacere”). Una volta finito il discorso sul cibo Braudel ci mostra quello che era la residenza, le abitazioni e gli stessi materiali da costruzione delle case di ricchi e poveri. Come materiali da costruzione ricchi possiamo identificare il marmo e la pietra, mentre come poveri il legno, la terra e le stoffe; si devono distinguere poi le case contadine, solitamente veri e propri tuguri, intrisi di sporcizia e angusti dove vivevano i contadini in gran parte poveri, e tra le case urbane solitamente costruite in legno(fino almeno alla fine del XVIII sec) anguste e minuscole(ovviamente per quanto riguarda i poveri) che raccoglievano nel loro interno della superficie di una stanza intere famiglie. Nelle case ovviamente c’era un arredamento, quasi nullo per i poveri(come era lecito credere), soprattutto in Cina dove i mobili che c’erano svolgevano una doppia funzione e dove questi rimasero invariati per secoli; situazione leggermente migliore in Europa da un punto di vista dell’originalità delle scelte stilistiche, dove questa ebbe un continuo gusto per il cambiamento e per l’innovazione, a totale differenza dall’Asia. Era lusso anche per quanto riguarda l’abbellimento delle pareti, o dei pavimenti, dove le mode variarono con esempi come la stesura dei fiori o di erbe aromatiche nelle stanze, per via del profumo. Le case erano comunque sia per poveri e per ricchi fredde, quando esisteva il camino questo poteva riscaldare solo la stanza in cui si trovava, a patto che non ci si avvicinasse troppo per non bruciarsi; discorso diverso per le stufe, che fornivano un riscaldamento più elevato per uno spazio maggiore. Entrambi cominciarono a diffondersi solo da un dato periodo. Ovviamente nell’arredamento, come in tutti gli altri ambiti, nacquero delle distinzioni, per esempio sui mobili comodi, e sui mobili belli, o d’impatto. Dipendente o comunque che si muove di moto parallelo all’arredamento, vi troviamo l’abbigliamento. Anche questo campo come oggi fu estremamente soggetto alle mode e alle correnti temporanee; troviamo infatti un’Europa in continua evoluzione nel suo vestiario, nonché una differenziazione stessa tra i vari stati. La moda, indice di classe sociale, rango e privilegio veniva esaltata dai ricchi e dai benestanti, mentre per i poveri ovviamente l’importante era vestirsi per tenersi la caldo, anche se pure questo ruolo era svolto male dai loro pochi e sporchi vestiti.
Per quanto riguarda invece la Cina e il Giappone la moda rimase sempre la stessa, con i suoi kimoni e la sua tipica maniera di vestirsi che è rimasta intatta per secoli, senza subire evidenti cambiamenti.
Ad evolversi nel tempo non furono solo le mode, le abitazioni e l’alimentazione, ma lo fu ovviamente anche lo sviluppo di energia. L’energia da sempre più diffusa è quella del motore umano, che in vari periodi era il più utilizzato(le braccia dei contadini e gli schiavi), ma che però non era il più potente da un punto di vista della produzione energetica; gli schiavi infatti in diversi periodi avevano un costo molto inferiore ad esempio di un bue o di un cavallo. Ovviamente la forza più utilizzate(fino alla rivoluzione industriale almeno) era quella animale; forza che aveva nelle varie parti del mondo produttori diversi: come il lama o la giumenca in america o il dromedario ed il cammello in Asia. Tornando all’Europa erano due i principali animali utilizzati: il bue ed il cavallo. Il secondo più costoso ma capace di sprigionare una maggior quantitativo energetico, benchè la sua “durata” fosse minore, mentre il primo meno caro, meno potente ma utilizzabile anche per l’alimentazione. Il cavallo fu per un lungo periodo oltre a fonte energetica il più diffuso mezzo di trasporto esistente, sia come cavalcatura singola, sia per trainare carrozze o carri; era anche animale da guerra. Diffusissimo nel vecchio continente fu poi di diffusione quasi maggiore nel nuovo dopo che vi fu portato dagli europei, anche se qui si preferiva il mulo. Un’altra fonte di energia non animale furono i mulini ad acqua ed a vento, dove i secondi erano più potenti dei primi.
Braudel nel discorso dell’energia non ha potuto non parlare del materiale più utilizzato nel medioevo e non solo, combustibile, materiale da costruzione e molto di più: il legno.
Solo per produrre il calore e l’energia, l’uomo disboscò quantità infinite di foreste. Un altro uso incredibile del legno era quello relativo alla costruzione delle flotte navali, che richiedevano una quantità di alberi mostruosa; non va dimenticato il disboscamento attuato dai contadini non solo per procurarsi la legna da ardere, ma anche e soprattutto per costruire nuovi campi. Insomma in legno è stato fino alla rivoluzione industriale la maggiore fonte di energia(sostituito poi dal carbon fossile), ciò sommato agli altri usi a cui esso era sottoposto portò e porta tutt’ora a un disboscamento incredibile. Il carbon fossile, o cok era poco utilizzato fino all’industrializzazione a scapito del citato legno; ci sono comunque alcuni casi in cui esso è usato per degli impianti al posto del legno.
Legato a questo aspetto dell’energia vi è senza dubbia la metallurgia e più in particolare la lavorazione del ferro; il ferro ritenuto il migliore tra i metalli aveva una produzione che a noi può sembrare irrisoria. Questa produzione può essere identificata a partire dalla fine del XVIII sec, con l’uso del carbon cok e degli alti forni occorrenti per la lavorazione; il ferro era però ovviamente già conosciuto, però possiamo affermare che il ferro fa oscillare la civiltà materiale dalla sua parte non prima del XIX sec. In Cina la metallurgia si sviluppa a partire dal XIII sec prima dell’era volgare; la lavorazione del ferro è appresa da tutti i popoli contemporaneamente tranne pochi casi. La lavorazione del ferro non subisce per lungo tempo sviluppi, soprattutto a partire dal XIII sec dove troviamo un’enorme stagnazione; la sua rivoluzione avviene in Inghilterra nel 1780.
La lavorazione con il suo evolversi ha portato ad un sempre maggior risparmio di materiali; ovvero nel 1000 un materiale con percentuale del ferro vicino al 70/80 % dava solo una resa del 15%.
Questa lavorazione incontrò uno sviluppo piuttosto solido, poiché il suo maggiore impiego era per quanto riguardava le armature e le armi; benchè le tecniche dovranno aspettare molto prima di diventare di buon livello la produzione era molto alta.
Il ferro comunque non era il solo metallo lavorato, c’erano altri metalli abbondantemente in secondo piano, sia per il prezzo sia per la rarità, come il piombo, il bronzo….
Una grande scoperta per la civiltà fu senza dubbio la polvere da sparo. La scoperta è da attribuire alla Cina che la conosceva già dal IX sec, con le prima armi da fuoco risalenti all’XI e il primo cannone al XIV. In Europa si diffonde a partire dal XIV sec ed il suo uso diventa subito elevato; si cominciano ad utilizzare i cannoni, che diventeranno poi mobili, di calibro importante presero prima il posto dei cannoni e poi divennero dei mezzi irrinunciabili nelle battaglie. L’uso dei cannoni fu molto elevato anche sulle navi a partire dalla metà del trecento; è però dal 500 che il cannone sulle navi diventa la principale arma da offesa/difesa, di svariati calibri e potenza.
La polvere da sparo porto a l’invenzione dell’arcibugio, quello che è l’antenato del fucile; la sua invenzione è approssimativamente data al XVI sec; quest’arma inizialmente atta a ricoprire un ruolo marginale o secondario si trasformò poi nell’arma principale, soprattutto dal 600’, con l’invenzione della baionetta. Questa produzione di artiglieria portò ad una trasformazione dell’economia stessa degli stati, dove questa era utilizzata solo dagli stati più ricchi, per via dei suoi alti costi; lo sviluppo delle industrie metallurgiche da guerra è elevato, ed è ancor più elevato il costo e il guadagno che ne trarranno le industrie. Per la creazione dell’artiglieria esisteva una vera e propria tecnica più o meno assimilata dalle varie popolazioni; oltre alla produzione l’artiglieria comporto un mantenimento ed uno spostamento.
Cambiando completamente campo l’autore si rivolge all’invenzione della stampa che portò ad una generale acculturazione della popolazione, e ancor più importante fu la scoperta dei caratteri mobili; in Europa l’attribuiamo a Gutenberg nel 400’, ma in Giappone e in Cina troviamo l’uso della stampa già dal IX sec. Con il 400’, in particolar modo, troviamo lo sviluppo navale e la conseguente conquista dei mari e le scoperte geografiche. Il primato spetto all’Europa, per via di diversi fattori quali la scoperta di nuove tecniche, di nuove tecnologie…. Questa conquista e supremazia europea portò alla conquista delle vie d’acqua, ciò implicava maggiori possibilità commerciali, il controllo dei traffici. Con la navigazione dell’atlantico poi l’Europa creò uno smacco sugli altri paesi; questo merito fu dato soprattutto dalle tecniche navali, e per la navigazione oceanica il merito fu in gran parte della caravella.
Un fatto singolare fu quello dovuto alla lentezza dei trasporti; ciò era dovuto a vari fattori, tra i quali l’immutabilità degli itinerari. L’efficienza nelle vie di comunicazione era irrisoria, tanto che una frana poteva portare ad una blocco della strada per lunghi periodi; le vie di trasporto erano poche e mal ridotte. Una possibilità di movimento era quella data dai fiumi, che fungono principalmente come vie per il commercio o per il trasporto di viveri rifornimenti e oggetti di utilità. Uno delle cause di queste lentezza è dato dalla quasi totale assenza di evoluzione per quanto riguarda i trasporti; una leggera evoluzione si ha con le carrozze (500’) che però vedono il loro principale terreno in Europa. Le strade erano in gran parte sterrate e tappezzate di briganti e quindi la carrozza era anche fonte di protezione, le poche strade lastricate erano una felice eccezione che sveltivano leggermente i tragitti. Fare il trasportatore divenne per il molti il secondo mestiere, questi erano in buona parte poveri o comunque persone in basse condizioni sociali; per le navi ad esempio la ciurma era arruolata o dai delinquenti o dai poveri. Il trasporto terrestre è molto più oneroso rispetto a quello marino. Con i secoli XVII\XVIII c’è un’ affermarsi delle scienze e delle rivoluzioni, invenzioni; queste portavano dietro di sé una complicata serie di brevetti che determinavano ad esempio l’utilizzo dell’invenzione stessa. Queste invenzioni benchè in svariati casi costituissero novità eccezionali, non furono adottate che secondariamente, questo perché dietro alle attività classiche esisteva un mercato e un attaccamento generale.
A tutti questi sviluppi era obbligatoriamente associata la moneta; inizialmente questa è poco utilizzata, vi sono infatti preferiti ad esempio il baratto, che rimane in alcune zone la parola d’ordine, per esempio nel sol levante, anche nel massimo momento di diffusione della moneta.
Le prime monete erano o conchiglie e le monete in metallo. La monete conoscerà una grande diffusione in tutto il globo, e in tutte le regioni. Invece della moneta potevano essere usati i metalli preziosi per gli scambi ed i pagamenti. La circolazione della moneta raggiunge cifra incredibili. Ovviamente le monete erano di maggior valore se coniate con metalli preziosi, a scapito di metalli meno nobili.Gli stati possedavano grandi quantità di metalli preziosi, ed in alcuni casi come la Spagna, l’eccessiva presenza di oro e di metalli preziosi portò ad uno savlutamento generale ed ad una crisi economica. Come già detto era la moneta metallica la maggior fonte di pagamento; dal XIII sec c’è però l’introduzione anche della lettera di cambio, dal XVI\XVII sec c’è poi l’arrivo dei biglietti di banca, la carta moneta, che spesso hanno un pubblico ristretto, composto solo dai banchieri e da alcuni mercanti. Le banche erano piuttosto diffuso ed in base ad i movimenti ed alle oscillazione di mercato prevaleva una volta quella ed una volta un’altra, essa prevalentemente prelevava e restituiva denaro ai propri clienti, faceva prestiti e finanziava ad esempio i potenti.
Con questa diffusione ed accellerazione della moneta in poco tempo il valore è aumentato(in cento anni ad esempio quello che era pagato mille, aumentava a 10000), continuando a crescere.
Ed ecco che Braudel ci porta all’analisi della città; questa vista come la controparte della campagna è, più o meno, una formazione parassitaria, rispecchiante maggiormente il capitalismo e la civiltà materiale, per via della sua superiorità culturale,la sua vivacità e la sua modernità rispetto alle campagne, senza dimenticare la circolazione di moneta, di mode, di cibi raffinati che si svolge al suo interno. La città presenta obbligatoriamente un ruolo egemone sulle campagne, da un punto di vista dei rapporti, degli scambi, dell’afflusso di persone e di decine di altri fattori; caratteri che più o meno invariati sono comuni a tutte le città in tutte le epoche, in più ogni città tende a voler superare le altre. Le città, per essere definite tali, non dovevano essere soltanto quell’agglomerato urbano che aveva al suo interno un sovrappopolamento di persone, rispetto al villaggio; per essere definita tale doveva avere al suo interno tutte le attività e la vitalità tipica di queste. La città ha con la campagna il rifornitore dei suoi bisogni, o meglio dei suoi bisogni alimentari; si può infatti dire che la città svolge i settori secondari, è un insieme di mercanti, artigiani e banchieri mentre la campagna svolge quel ruolo di lavoratore, primario che nonostante il distaccamento più o meno accentuato tra campagna e agglomerato urbano, non cambia la stretta dipendenza della seconda dalla prima.
In alcuni casi troviamo le stesse città che pensano o tentano di provvedere al loro sostentamento, con lo sviluppo di atività rurali; spesso lo stesso cittadino non lo è che solo a metà, perché ad esempio in tempo di vendemmia lasciava la città e si dava al raccoglimento ed alla preparazione del vino. Con questo discorso comunque non si deve pensare ad una differenzazione enorme e netta tra queste due; infatti anche la campagna mantiene le sue botteghe artigiane, a volte le sue indistrie, ma comunque riesce a procurarsi da solo ciò di cui ha bisogno(inteso soprattutto per il secondario), a differenza delle città che senza l’agricoltura contadina poco avrebbero potuto fare.
La città ha il merito, negativo o positivo che sia, di attirare enormi masse di popolazione, attratte sia per la speranza di paghe migliori, per la speranza di trovare un lavoro, una casa e perché sono respinti dalle campagne e dalle altre città. Questa massa è in gran parte composta da miserabili, che vengono reclutati e che vivono in condiuzioni misere e precarie; la città è anche però fonte di reclutamento di borghesi, mercanti, artigiani. La città quasi sempre è circondata da mura e da protezioni, perché essa ha paura e vuole avere una maggiore sicurezza; sono rari i casi di città prive di queste difese, benchè spesso quest’utime svolgessero una funzione puramente amministrativa.
Le mura servono spesso a rinchiudere parte dei campi nelle città, ovviamente per premunirsi dalla guerra; con l’estensione, lo svipuppo delle città, c’è anche lo sviluppo delle stesse mura, che sempre la accompagnano. Ciò determina così quell’articolazione comlpicata e caotica delle città, con le strette vie, le concentrazioni informi di case che fino al rinascimento saranno di regola, fatta eccezione per pochi casi, come le città romane. Con l’arrivo del cannone però le mura cittadine si trasformano, diventando più robuste e quasi sempre con un terrapieno; questa cambiamento portò ad una fine quasi totale dell’ingrandimento della città, che cominciò così ad espandersi in verticale.
A cambiare la città è anche l’arrivo delle vetture, che impongono una allargamento delle strade così strette e tortuose. La città sorge in siti più o meno favorevoli, che possono avere aspetti positivi o negativi; possono sorgere vicino ad un fiume per l’acqua e per la navigazione, possono sorgere vicino ad importanti vie urbane…… La prima caratteristica cittadina è quella di essere un mercato, caratteristica senza la quale una città non è tale. Dove c’è quest’agglomerato urbano, ci devono essere per forza i sobborghi, siano essi più o meno benestanti; questi sono praticamente la casa dei poveri, degli artigiani, dei marinai, insomma un po’ di tutte quelle categorie meno agiate.
Sempre vicino alle grandi città si trovano una serie di piccole città, che fungono da rete di scambi, di mercato, posizionate strategicamente per aiutare ed aumentare tutte quelle attività obbligatorie per la grande città. Questa quasi sempre è costruita in base alla civiltà, ne è fonte e sulle abitudini e sulle caratteristiche proprie dei vari popoli assume la propria morfologia, la sua diffusione e questa ne è, soprattutto per l’islam, un freno o comunque una costante da rispettare che forse intralcia il progresso della stessa. Per l’Europa il discorso è assai diverso, perché la città è libera e si è formata sotto le sue inclinazioni, ciò dovuto a vari fattori. Questo sviluppo è dato da diverse cause quali il moglioramento della salute e delle condizioni di vita, all’economia monetaria estesa, la perdita del modello di città dalla fine dell’impero romano e la rinascita urbana che si sovrappone a quella rurale. La vita urbana è esempio di modernità, per le sue scoperte, la sua evoluzione, la sua creazione di attività; è possibile poi definire le città secondo un modello, una classificazione che sono: - le città aperte; - le città chiuse in se stesse; - le città tenute sotto tutela.
Come esempio per le prime troviamo le antiche città romane e greche, con la loro eguaglianza o quasi città-campagna, per le seconde troviamo ler città medievali ed infine per la terza le città della prima modernità; questa classificazione può essere più o meno efficace, ma serve per darci un quadro dello sviluppo delle città occidentali da a, in b, in c.
Per quanto riguarda l’america le città possono essere considerate come medievali(b), diverso il discorso della Russia che dopo le invasioni mongole ha trasformato le sue città in crudeli e spietate, con le deportazioni, le torture e la loro ferocità, benchè esse siano città molto spesso grandi e sviluppate. Per l’Asia la classificazione è ancora più ambigua e difficile.
Le città hanno i loro “re” nelle capitali, che quasi sempre sono più grandi rispetto alle altre, gareggiando tra loro per essere più moderne e ricche. In queste città ci sono all’interno grossi squilibri, che possono essere del più vario tipo; tra gli esempi tipici di queste città troviamo Napoli con la sua contrapposizione di bellezza\sordidità di ricchezza\povertà, la Pietroburgo dell fine del 700’, che mostra gli squilibri e le anomalie tipiche di queste grandi città.
In tutte le capitali regnano i lussi ed i piaceri a scapito della produzione e del lavoro; l’esempio tipico è quello di Pechino, capitale cinese, enorme e soggetta alle mode, alle stravaganze dell’imperatore, che ha un reddito enorme.
Ritornando all’Europa va considerata Londra, città che si è evoluta ed è cresciuta moltissimo, benchè il governo avesse tentato di ostacolarla, massa urbana che sorge e dipende dal Tamigi e in particolare la città si sviluppa sulla sponda sinistra del fiume, non però da creare una “gara”tra le due sponde. Westminster è un po’ la seconda capitale, di Londra, che funge da Versailles, Saint-Denis e da parlamento parigino; è sede di tutti gli avvocati e le leggi nella city. Anche qui però c’è uno sviluppo dei sobborghi, spesso di vere e proprie bidonvilles; i più miserabili abitanti di queste sono gli irlandesi e gli ebrei. Londra come Parigi è una capitale dell’antico regime, un lusso che deve essere pagato da altri; lusso in più comune a pochi. Le capitali divennero un po’ dei blocchi morti, che si erano la culla della modernità, ma che però avevano un profondo squilibrio, vari problemi sullo sviluppo dell’economia; nel lusso di queste si vede forse, un’ accellerante al capitalismo, la città vedrà anche la nascita della rivoluzione industriale.
Con questo discorso sulle città F.Braudel conclude il suo libro, che è più un’accurata ricerca storica sulle abitudini, la vita e sui lussi della civiltà medievale fino alla moderna.


-Relazione sul libro “FEDONE” di Platone

Il Fedone è un’opera scritta da Platone che parla appunto di Fedone, un allievo di Socrate, che arrivato a Fliunte è riconosciuto da Echecrate, un pitagorico, che è interessato a questioni filosofiche e soprattutto a quello che riguardava la morte di Socrate, avvenuta pochi mesi prima. Fedone comincia allora a raccontare le ultime ore del filosofo, suo maestro.Il giorno della sua morte Socrate si trovava nella cella a lui assegnata, insieme alla moglie Xantippe e al suo figlio più giovane ridotti in lacrime ed ad altri suoi amici e\o allievi. Il filosofo comincia ad argomentare un discorso di filosofia quando grattandosi una gamba, dice di provare piacere, impostando una riflessione su quello che è il piacere per l’uomo; in seguito comincia, prendendo come giudici i suoi compagni, un discorso sulla sua difesa, che si rivela poi essere il perché un filosofo accetti la morte. Il filosofo desidera morire, perché solo con la morte raggiungerà lo scopo di tutta la sua vita: liberarsi dal corpo e, come pura anima, raggiungere i luoghi beati e la compagnia sempiterna degli déi. Il filosofo però non può darsi la morte, perché sono gli déi che governano la vita e togliersela sarebbe un insulto verso di loro. Anch’ esso deve aspettare il proprio tempo, quello che il dio ha deciso per lui. Nel frattempo in ogni caso la sua vita deve essere una pratica continua alla morte; Quindi deve tenersi lontano il più possibile dal corpo e dai suoi piaceri e lasciare che l’anima si raccolga e si concentri e, si raccolga da sola in se stessa, quanto più possibile lontana dalle passioni del corpo. Le motivazioni di questa volontà sono proprio perché la morte è la separazione dell’anima dal corpo una vera e propria liberazione dell’anima. Per questo il filosofo non si occupa delle necessità del corpo (bere, mangiare, sesso, vestire), ma solo di quelle dell’anima. Questo cerca di liberare l’anima dalla comunanza con il corpo, più di quanto lo faccia qualsiasi altro uomo. I sensi del corpo (vista, udito) sono ingannatori, quindi l’anima, se vuole intraprendere qualche indagine, deve farlo da sola con se stessa, lontana dai sensi del corpo. Bisogna dunque che il filosofo ragioni con l’utilizzo dell’intelletto, usando solo l’anima, che nella ricerca, essa sola, può avvicinarsi all’intellegibile; Il sapere può essere raggiunto allora tramite l’anima e quindi solo dopo la morte. Sarà solo il dio, dunque che potrà deciderla.La virtù del filosofo sta nella preparazione alla morte, che è purificazione, e consiste nel tenersi lontano dal corpo e dalle sue necessità. Per confermare questa sua concezione Socrate spiega allora le motivazioni e gli argomenti dell’immortalità dell’anima, riferendosi a varie teorie tra cui spicca quella della visione dei contrari, dove alla vita si succede la morte, dove dice però che non tutte le cose nascono dal loro contrario ma solo alcune cose; questi contrari secondo il maestro si muovono di moto circolare, dove s'intersecano più e più passaggi. Dice anche che questo divenire è di due tipi, un primo che è un crescere ed un secondo che è un decrescere, in più per il filosofo questo doppio divenire esiste necessariamente per tutte le cose. Un altro argomento trattato da Socrate è quello della Reminescenza (l’anamnesis), ovvero che il sapere, l’apprendimento e conoscenza derivino da ricordi, e da una conoscenza già acquisita, poi dimenticata e successivamente riaffiorata. Questa conoscenza per il filosofo è contenuta nell’anima, e quindi anche prima della vita l’anima esisteva, perché l’uomo possiede appunto questa reminescenza. Dopo però che Simmia, uno dei compagni di Socrate illustra i suoi dubbi riguardo all’immortalità dell’anima il maestro afferma che tutto ciò che è vivo si genera da ciò che è morto, quindi affinchè l’anima entri di nuovo a creare ad un corpo, deve già esistere. Con questo è dimostrato, per quanto lo riguarda, che l’anima esiste anche dopo la morte del corpo. Relativamente all’idea di reminescenza Socrate illustra allora la teoria degli uguali e dell’uguale in sé, che funge come “forma” di paragone; subordinato alla conoscenza dell’amnesis viene identificata quella data dalle sensazioni, come il vedere, il toccare, insomma dalle percezioni sensibili.Riferendosi alla metempsicosi poi Socrate, per confortare i suoi compagni, spiega che in base ad i meriti e alle buone azioni o meglio in una vita vissuta in temperanza, in maniera equilibrata e ragionata, l’anima dell’uomo morto si reincarnerà in un corpo appropriato e degno, mentre le anime di coloro che hanno vissuto in modo incostante si sarebbero reincarnate in corpi indegni. Simmia e Cebete, dal canto loro però continuano a preoccuparsi ed ad essere posseduti dai dubbi, soprattutto per quanto riguarda l’immortalità dell’animo, che a loro avviso potrebbe, dopo innumerevoli reincarnazioni estinguersi, o dissolversi perché indefinite. Per spiegare ulteriormente Socrate allora comincia ad affermare che l’anima esiste perché non può avere un contrario, come il fuoco non può contenere dentro di sé l’idea del freddo. Così però insospettisce i due interlocutori, che data questa risposta vedono con questa un controsenso con quello che era stato detto in precedenza, ovvero la generazione per contrari. L’esempio di Socrate non era però nello stesso ambito perché ciò che aveva detto in precedenza aveva un significato diverso, rispetto a quello detto ora. Il filosofo poi afferma che ciò che da e rende la vita è l’anima; questa quindi se è vita, ovvero ciò che accoglie dentro di sé è la vita, non può accogliere dentro di sé il contrario, ovvero la morte. I discepoli allora più convinti e rassicurati si calmano, con l’ammonimento di Socrate di continuare la ricerca e lo studio così da poter ottenere sempre di più la conoscenza e le certezze, che come in questo caso rinforzano e aiutano. Pensandoci su, si può vedere in modo piuttosto evidente che dietro a questo dialogo, emergono sotto svariati punti di vista le visioni, ed i punti fondamentali delle religioni moderne, prima fra tutte quella cristiana, soprattutto per quanto riguarda l’immortalità dell’anima.


-Relazione del libro “Homo Videns” di Giovanni Sartori


Che cosa si intende per uomo? Per uomo intendiamo l’essere umano che da un punto di vista fisico non è troppo dissimile dai primati; lo è però da un punto di vista intellettivo, poiché è l’unico animale in grado di pensare e di comunicare tra i suoi simili tramite l’uso di suoni elaborati e di gesti. L’uomo è quindi un animale simbolico. Questa sua conoscenza gli deriva dall’apprendimento, ottenuto tramite lo studio e la cultura, pervenuti dal passaggio da conoscenza orale a scritta; quindi per uomo acculturato si intende colui che sa scrivere ma soprattutto leggere. La vita umana è stata permeata da una continua serie di scoperte e di rivoluzioni, come per esempio l’invenzione delle macchine, che sono state viste in un primo momento con sfiducia ma che hanno via via acquistato un sempre maggior valore. La domanda di fondo del libro è: la televisione è bene o è male?
Se con le precedenti invenzioni atte all’informazione della persona (come la radio, il giornale….), che premettevano un uso del cervello e quindi una parte di ragionamento, con la televisione è tutto cambiato. Con questa invenzione abbiamo avuto un progresso, ma che non va inteso né in senso positivo né in senso negativo, perché in progresso può essere anche un tumore e quindi si deve specificare in quale accezione si intende; in più a questo progresso quantitativo non è necessariamente corrispondente uno qualitativo. Siamo passati da una forma figurata ad una forma visibile e palpabile con gli occhi, che niente necessita se non il dover accendere la tv; più in dettaglio ciò ci porta ad un sempre maggiore avvicinamento verso i primati, poiché con l’immagine si esprimono e capiscono pure gli animali. Con l’avvento della tecnologia tutto sta cambiando, e secondo il Sartori è un cambiamento piuttosto negativo, poiché tutti i nuovi mezzi non lasciano spazio all’immaginazione ma solo al divertimento, all’immediatezza e ad un appagamento del tutto temporale e disutile. Visione forse fin troppo negativa, ma purtroppo reale nella sua maggioranza; tornando al libro Sartori parla dell’uomo riguardo alla televisione, in altre parole l’uomo si sta trasformando da homo sapiens a homo videns e ludens. Questa concezione significa che l’uomo sta diventando da un essere capace di pensare con la propria testa, capace di imparare, apprendere e comprendere da solo, in un uomo che mette in primo luogo il divertimento e l’apparenza visiva, che lo appaga e lo compiace in maniera puramente figurata. Un esempio plausibile ed un dato di fatto ce lo da il così detto video-bambino; con questa accezione il Sartori intende che i bambini ed i giovani sono educati sulla base della televisione e quindi su una base di violenza, linguaggio spicciolo e disinformazione. In aggiunta a questo discorso l’uomo, tramite la televisione perde la sua capacità d'apprendimento e di linguaggio critico, o meglio rimane un perenne bambino che sovrappone alla lettura di libri o giornali e alla ricerca di cultura e sapere un continuo gioco e appagamento di bisogni ludici e puramente privi di scopo utile. Sulla definizione di Alberoni, Sartori ne trae un esempio e ci dice che grazie a questa macchina i giovani si trovano in uno stato d'apatia ed estraneità rispetto al mondo che li circonda, si trovino in classe, a casa o per strada e l’unico posto in cui si risvegliano è la discoteca, poiché vivono solo in un loro mondo appartato e chiuso. Tutto questo insieme di fattori porta ad una riduzione della capacità di astrazione e del saper ragionare per concetti; infatti la maggior parte del nostro lessico non è raffigurabile tramite un’immagine ed è quindi solo tramite l’astrazione ed il pensiero che possiamo trarne una visione nitida e concreta.
La televisione potrebbe anche essere forse un ottimo mezzo di informazione e di intrattenimento che però, come dice lo stesso autore, è mal gestita e organizzata, dove si mette in secondo piano l’utile ed il veritiero ponendo in primo piano la futilità e l’apparenza. Basti pensare ad i telegiornali che con i loro servizi, composti per la metà da articoli privi di ogni spessore e valore, di eventi di nessun risalto e riscontro mondiale e non solo, che sono usati solo perché riescono a muovere sentimenti e reazioni all’interno dei telespettatori. Stesso discorso vale per le interviste su questioni di vario tipo dove l’opinione di un dato individuo, che può essere il più rozzo e ignorante, nel senso arcaico della parola, viene amplificata per mille fino a provocare una discussione, in coloro che ascoltano ma che in realtà è del tutto inutile. Un altro fatto importante per la televisione è l’impossibilità di offrire informazione su i paesi a rischio e su quelli non liberi, dove non si entra e quindi non si sa nulla dei crimini e delle tragedie che avvengono al loro interno; per questo motivo la gente non sa niente di paesi in cui regna un crudele dittatore, che fa uccidere, torturare e rinchiudere migliaia di persone e quindi il tale dittatore agli occhi degli estranei è una degna persona, educata e perbene. Per esempio basti pensare al caso della Somalia, che tra l’altro è stato un totale fiasco, che ha fatto nascere un intervento dell’onu e un grande risalto telegiornalistico e non solo, perché era stato messo appunto in risalto dalla televisione. La costruzione degli “eventi mediatici”, che solitamente non hanno una particolare importanza, colpiscono tutto il mondo, poiché questi sono continuamente riproposti ed alimentati fino a che non si giunge ad una conclusione e poi vanno dimenticati; il problema è che vanno dimenticate anche quelle notizie e quei fatti che hanno un reale valore ed importanza, basti pensare alla già nominata Somalia, che dopo il ritiro delle truppe è tornata come prima. La televisione, ci dice Sartori ci porta ad una globalizzazione e porta ad una frantumazione del mondo in villaggi, poiché si attua una localizzazione e l’arrivo in primo luogo della difesa del “mio”, dove all’inizio si abbracciano anche cause lontane, ma quando un problema ci raggiunge si pensa non al bene collettivo ma al bene proprio e locale, rendendoci cechi e sordi di fronte a problemi che non intacchino i propri interessi e/o abitudini; un discorso analogo si ha con la politica che tende a localizzare gli eventi e le opinioni. Si ha infatti un cambiamento dalla politica genuina alla politica video-mediatica, dove i politici si rapportano ad elementi dati dalla video-visibilità e non da fatti, azioni o andamenti che potrebbero essere anche più importanti ma che sono messi in secondo piano appunto perché la televisione non ne ha dato un particolare risalto. La pubblica opinione va dunque scemando e diventando sempre meno opinione, poiché con la telemediaticità, che porta ad un crollo della capacità critica e, tramite la propaganda la singola opinione viene plasmata e trasformata; la visione ripetuta di discorsi, ammonimenti e consigli da porte di politici, se furbamente sfruttata da loro può far cambiare radicalmente l’opinione popolare e con questo mezzo l’esito elettivo può stravolgersi (si pensi a Berlusconi, con i suoi canali privati che ne hanno determinato un quarto dei suoi voti). La televisione quindi è anche un potente strumento di “controllo” e di aiuto per i politici, anche se i suoi effetti veramente positivi, per l’elettore non sono del tutto confermati. Si ha allora la crezione dell’ homo insipiens; questi è l’uomo che non sa, che è ignorante e disinformato, che sempre è esistito anche se solo con l’avvento della televisione ha ottenuto un ruolo importante. Per essere più precisi Sartori ci vuole dire che con gli strumenti di comunicazione di massa (la nostra cara televisione ma anche e forse in maniera preponderante internet) questi gruppi di persone, un tempo disparati o comunque non considerati, si moltiplica e diventa massa. Si hanno così una somma di comportamenti devianti ed anomali, soprattutto in internet, dove vengono messe in circolazione le micropazie, le bizzarie più disparate e non in senso bonario ma in senso puramente negativo; si pensi a questioni come la pedofilia, o la diffusione in rete del terrorismo, che sono dei veri e propri flagelli per la società. L’uomo telemediatico allora e quello povero di mente diventano un tutt’uno, dove se un tempo non contavano e non erano considerati ora assumono potere e possono dar sfogo ad i loro desideri e/o fantasie.Un altro aspetto importante è giocato quindi da internet e dall’uso del computer; questo può assumere un tono positivo o negativo secondo l’utilizzo che se ne fa. Per esempio se è usato per ampliare la propria cultura è ovviamente un bene, mentre se è usato come mezzo di divertimento e di svago il discorso cambia e può essere persino più dirompente rispetto alla televisione, poiché le sue opzioni sono molte di più. Questa telemediaticità e diffusione dell’apparato televisivo quindi ci ha portato più verso un regresso che un progresso, inteso positivamente, che purtroppo non sembra in procinto di fermarsi ma malauguratamente di aumentare. Tramite la televisione quindi ci siamo quasi rovinati con le nostre mani e stiamo anche lasciando una penosa eredità e stile di visti ad i nostri figli ed alle generazioni future; ovviamente l’unico modo per debellare la disinformazione e continuare a leggere ed ad acculturarci, lasciando in secondo o in terzo piano la televisione, ritrasformandoci quindi in homo sapiens, e non ludens.



-Relazione del libro “Homo Videns” di Giovanni Sartori


Che cosa si intende per uomo? Per uomo intendiamo l’essere umano che da un punto di vista fisico non è troppo dissimile dai primati; lo è però da un punto di vista intellettivo, poiché è l’unico animale in grado di pensare e di comunicare tra i suoi simili tramite l’uso di suoni elaborati e di gesti. L’uomo è quindi un animale simbolico. Questa sua conoscenza gli deriva dall’apprendimento, ottenuto tramite lo studio e la cultura, pervenuti dal passaggio da conoscenza orale a scritta; quindi per uomo acculturato si intende colui che sa scrivere ma soprattutto leggere. La vita umana è stata permeata da una continua serie di scoperte e di rivoluzioni, come per esempio l’invenzione delle macchine, che sono state viste in un primo momento con sfiducia ma che hanno via via acquistato un sempre maggior valore. La domanda di fondo del libro è: la televisione è bene o è male?
Se con le precedenti invenzioni atte all’informazione della persona (come la radio, il giornale….), che premettevano un uso del cervello e quindi una parte di ragionamento, con la televisione è tutto cambiato. Con questa invenzione abbiamo avuto un progresso, ma che non va inteso né in senso positivo né in senso negativo, perché in progresso può essere anche un tumore e quindi si deve specificare in quale accezione si intende; in più a questo progresso quantitativo non è necessariamente corrispondente uno qualitativo. Siamo passati da una forma figurata ad una forma visibile e palpabile con gli occhi, che niente necessita se non il dover accendere la tv; più in dettaglio ciò ci porta ad un sempre maggiore avvicinamento verso i primati, poiché con l’immagine si esprimono e capiscono pure gli animali. Con l’avvento della tecnologia tutto sta cambiando, e secondo il Sartori è un cambiamento piuttosto negativo, poiché tutti i nuovi mezzi non lasciano spazio all’immaginazione ma solo al divertimento, all’immediatezza e ad un appagamento del tutto temporale e disutile. Visione forse fin troppo negativa, ma purtroppo reale nella sua maggioranza; tornando al libro Sartori parla dell’uomo riguardo alla televisione, in altre parole l’uomo si sta trasformando da homo sapiens a homo videns e ludens. Questa concezione significa che l’uomo sta diventando da un essere capace di pensare con la propria testa, capace di imparare, apprendere e comprendere da solo, in un uomo che mette in primo luogo il divertimento e l’apparenza visiva, che lo appaga e lo compiace in maniera puramente figurata. Un esempio plausibile ed un dato di fatto ce lo da il così detto video-bambino; con questa accezione il Sartori intende che i bambini ed i giovani sono educati sulla base della televisione e quindi su una base di violenza, linguaggio spicciolo e disinformazione. In aggiunta a questo discorso l’uomo, tramite la televisione perde la sua capacità d'apprendimento e di linguaggio critico, o meglio rimane un perenne bambino che sovrappone alla lettura di libri o giornali e alla ricerca di cultura e sapere un continuo gioco e appagamento di bisogni ludici e puramente privi di scopo utile. Sulla definizione di Alberoni, Sartori ne trae un esempio e ci dice che grazie a questa macchina i giovani si trovano in uno stato d'apatia ed estraneità rispetto al mondo che li circonda, si trovino in classe, a casa o per strada e l’unico posto in cui si risvegliano è la discoteca, poiché vivono solo in un loro mondo appartato e chiuso. Tutto questo insieme di fattori porta ad una riduzione della capacità di astrazione e del saper ragionare per concetti; infatti la maggior parte del nostro lessico non è raffigurabile tramite un’immagine ed è quindi solo tramite l’astrazione ed il pensiero che possiamo trarne una visione nitida e concreta.
La televisione potrebbe anche essere forse un ottimo mezzo di informazione e di intrattenimento che però, come dice lo stesso autore, è mal gestita e organizzata, dove si mette in secondo piano l’utile ed il veritiero ponendo in primo piano la futilità e l’apparenza. Basti pensare ad i telegiornali che con i loro servizi, composti per la metà da articoli privi di ogni spessore e valore, di eventi di nessun risalto e riscontro mondiale e non solo, che sono usati solo perché riescono a muovere sentimenti e reazioni all’interno dei telespettatori. Stesso discorso vale per le interviste su questioni di vario tipo dove l’opinione di un dato individuo, che può essere il più rozzo e ignorante, nel senso arcaico della parola, viene amplificata per mille fino a provocare una discussione, in coloro che ascoltano ma che in realtà è del tutto inutile. Un altro fatto importante per la televisione è l’impossibilità di offrire informazione su i paesi a rischio e su quelli non liberi, dove non si entra e quindi non si sa nulla dei crimini e delle tragedie che avvengono al loro interno; per questo motivo la gente non sa niente di paesi in cui regna un crudele dittatore, che fa uccidere, torturare e rinchiudere migliaia di persone e quindi il tale dittatore agli occhi degli estranei è una degna persona, educata e perbene. Per esempio basti pensare al caso della Somalia, che tra l’altro è stato un totale fiasco, che ha fatto nascere un intervento dell’onu e un grande risalto telegiornalistico e non solo, perché era stato messo appunto in risalto dalla televisione. La costruzione degli “eventi mediatici”, che solitamente non hanno una particolare importanza, colpiscono tutto il mondo, poiché questi sono continuamente riproposti ed alimentati fino a che non si giunge ad una conclusione e poi vanno dimenticati; il problema è che vanno dimenticate anche quelle notizie e quei fatti che hanno un reale valore ed importanza, basti pensare alla già nominata Somalia, che dopo il ritiro delle truppe è tornata come prima. La televisione, ci dice Sartori ci porta ad una globalizzazione e porta ad una frantumazione del mondo in villaggi, poiché si attua una localizzazione e l’arrivo in primo luogo della difesa del “mio”, dove all’inizio si abbracciano anche cause lontane, ma quando un problema ci raggiunge si pensa non al bene collettivo ma al bene proprio e locale, rendendoci cechi e sordi di fronte a problemi che non intacchino i propri interessi e/o abitudini; un discorso analogo si ha con la politica che tende a localizzare gli eventi e le opinioni. Si ha infatti un cambiamento dalla politica genuina alla politica video-mediatica, dove i politici si rapportano ad elementi dati dalla video-visibilità e non da fatti, azioni o andamenti che potrebbero essere anche più importanti ma che sono messi in secondo piano appunto perché la televisione non ne ha dato un particolare risalto. La pubblica opinione va dunque scemando e diventando sempre meno opinione, poiché con la telemediaticità, che porta ad un crollo della capacità critica e, tramite la propaganda la singola opinione viene plasmata e trasformata; la visione ripetuta di discorsi, ammonimenti e consigli da porte di politici, se furbamente sfruttata da loro può far cambiare radicalmente l’opinione popolare e con questo mezzo l’esito elettivo può stravolgersi (si pensi a Berlusconi, con i suoi canali privati che ne hanno determinato un quarto dei suoi voti). La televisione quindi è anche un potente strumento di “controllo” e di aiuto per i politici, anche se i suoi effetti veramente positivi, per l’elettore non sono del tutto confermati. Si ha allora la crezione dell’ homo insipiens; questi è l’uomo che non sa, che è ignorante e disinformato, che sempre è esistito anche se solo con l’avvento della televisione ha ottenuto un ruolo importante. Per essere più precisi Sartori ci vuole dire che con gli strumenti di comunicazione di massa (la nostra cara televisione ma anche e forse in maniera preponderante internet) questi gruppi di persone, un tempo disparati o comunque non considerati, si moltiplica e diventa massa. Si hanno così una somma di comportamenti devianti ed anomali, soprattutto in internet, dove vengono messe in circolazione le micropazie, le bizzarie più disparate e non in senso bonario ma in senso puramente negativo; si pensi a questioni come la pedofilia, o la diffusione in rete del terrorismo, che sono dei veri e propri flagelli per la società. L’uomo telemediatico allora e quello povero di mente diventano un tutt’uno, dove se un tempo non contavano e non erano considerati ora assumono potere e possono dar sfogo ad i loro desideri e/o fantasie.Un altro aspetto importante è giocato quindi da internet e dall’uso del computer; questo può assumere un tono positivo o negativo secondo l’utilizzo che se ne fa. Per esempio se è usato per ampliare la propria cultura è ovviamente un bene, mentre se è usato come mezzo di divertimento e di svago il discorso cambia e può essere persino più dirompente rispetto alla televisione, poiché le sue opzioni sono molte di più. Questa telemediaticità e diffusione dell’apparato televisivo quindi ci ha portato più verso un regresso che un progresso, inteso positivamente, che purtroppo non sembra in procinto di fermarsi ma malauguratamente di aumentare. Tramite la televisione quindi ci siamo quasi rovinati con le nostre mani e stiamo anche lasciando una penosa eredità e stile di visti ad i nostri figli ed alle generazioni future; ovviamente l’unico modo per debellare la disinformazione e continuare a leggere ed ad acculturarci, lasciando in secondo o in terzo piano la televisione, ritrasformandoci quindi in homo sapiens, e non ludens.








 
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Viva La Revolution
view post Posted on 14/2/2008, 18:58




Devi essere un fan dei Red Hot o comunque devi conoscere Flea di sicuro, ti stimo per questo (lo so che non è la sezione adatta ma ho letto solo qui il nome)
 
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1 replies since 24/11/2007, 20:00   85 views
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