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Il catarismo, ricerca sui catari

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mr bison
view post Posted on 26/11/2007, 14:09




Mitica ricerca sul catarismo fatta dua due persone dignitosissime. Non aggiungo altro. Cmq è fatta bene x davvero.
ps carli grasso



IL CATARISMO

INTRODUZIONE AL CATARISMO: DISCENDENZA E RAPPORTO CON L’ORIENTE

A cavallo tra X e XIII sec d.c si diffusero in tutta Europa ma soprattutto in Francia
meridionale e Italia settentrionale dei movimenti religiosi che si contrapponevano e contestavano la Chiesa cristiana del tempo. Questi movimenti si affiancavano a proteste di tipo sociale come quelle contro la ricchezza e lo sfarzo della chiesa e delle varie ingiustizie del tempo.
Furono vari i pensieri eretici che si svilupparono in questo periodo ma tra questi spiccarono per numero d'adepti e diffusione il Catarismo e il Valdismo.
Per contrastarli furono creati dei veri e propri ordini monastici che si occupavano di condannare e processare gli eretici; questi erano i Domenicani e in maniera più contenuta i Francescani.
Il catarismo nacque tra l’inizio e la metà dell’anno mille dall’ influenza di religioni d' influsso orientale (bogomili, gnostici, manichei.......) a base dualistica ovvero una concezione che vedeva l’esistenza di due divinità, sempre rintracciabili a Dio e a Satana; le due divinità erano quella del bene e della giustizia e quella del male. Rispettivamente il Signore ed il Diavolo.
Tra tutte le altre eresie che la ispirarono sembra che il Bogomilismo e il Manicheismo fossero quelle maggiormente influenzanti. Il Bogomilismo nacque in Bulgaria intorno all’VIII-IX sec d.c, derivando a sua volta da influenze dualiste diffuse dai missionari pauliciani provenienti dalla Tracia. Questa religione fu fondata da un prete o “pope” di nome Bogomil, menzionato in più documenti appartenenti e non alla setta. La diffusione di questa setta fu piuttosto ampia con un’area coincidente con parte della penisola balcanica e dell’ Asia. A questa si associarono poi Manichei, altra eresia anch’essa ritenuta erede del Catarismo per i loro comuni principi soprattutto riconducibili alla loro visione dualista, che era sempre più perseguitata dia Bizantini e che trovò come nuove aree d' influenza i Balcani e Parte dell’Asia. Il Manicheismo fu fondato da Manete, in epoca anteriore a quella del bogomilismo (VI-VII sec d.c); questa fondeva principi del dualismo mazdeiano (della Persia) a degli elementi tratti dal cristianesimo e a tratti gnostici e della religione buddista. Questa visione si procurò adepti da tutte le classi sociali e, infatti, il manicheismo fu perseguitato appena possibile dalla chiesa perché in questo vedeva un grandissimo pericolo; questa azione della chiesa ne placò la diffusione e l’influenza ma di certo non estinse il movimento che anzi durò ancora. A seguito della persecuzione i seguaci presero come esempi e guide Paolo e Giovanni di Samosata e dal primo presero poi il secondo nome che corrisponde alla loro nominazione di setta Pauliciana; da questi il Paulicianesimo che non è come alcuni pensano un’ulteriore eresia ma una continuazione del manicheismo. A seguito i Pauliciani furono spietatamente perseguitati e cacciati talvolta al di là delle frontiere si ritrovarono addirittura in territorio arabo; condussero però per un certo periodo un’esistenza indipendente fra le montagne dell’Armenia. In seguito anche qui furono perseguitati dai potenti armeni fino a che nel 1115 si stabilirono definitivamente in Tracia. Da qui cominciò il loro trasporto in Europa. I Pauliciani sono ritenuti eredi dei Catari perché la loro dottrina era in pratica uguale a quella di questi, con la loro visione dualista che vedeva l’universo creato dalle energie di Hormuzd e di Ahriman, ognuno dei quali usava il suo potere per annientare quello dell’altro; ciò stava a rappresentare l’eterna lotta tra bene e male che vige su natura e vita.
In questa dottrina c’era un invito verso gli adepti ad aiutare con le buone azioni, i buoni pensieri e con le buone parole la causa del bene, ovvero quella di Hormuzd.
Questa era l’idea di base che si evolse in un disprezzo per la carne ed i piaceri identificando la materia con il male e trovando con i Pauliciani quella visione così simile a quella del catarismo con la visione del bene e dello spirito in Dio e quella del male, della corruzione e dei piaceri in Satana. Il primo è identificato come il creatore del mondo eterno, invisibile e spirituale mentre il secondo come il creatore del mondo materiale e dell’eterno. I patriarchi e gli ecclesiastici erano da loro ritenuti come briganti e ladri e quindi rifiutavano l’antico testamento che vedevano come falso; tutta le sacre scritture anteriori ai vangeli erano rifiutate e il nuovo testamento era l’unica sacra scrittura. Il cristo era però ritenuto come uno spirito che era sceso sulla terra per combattere il male e non era figlio di dio perché non era materiale e quindi nato dalla vergine solo in apparenza.
La ricompensa per le anime era la trasmigrazione della stessa dopo morti che puniva o premiava a seconda della condotta della vita del fedele, principio uguale a cristianesimo ed a catarismo stesso.
I sacramenti erano ritenuti nulli ed i sacerdoti non avevano alcuna autorità sui manichei.
Le somiglianze con il catarismo sono evidenti perché anch’esso predicava il dualismo con la contrapposizione tra bene e male, tra dio e satana; anch’esso rifiutava i sacramenti, i sacerdoti, le antiche scritture e i beni fisici e materiali, nonché qualsiasi tipo di piacere, tra cui rientrava addirittura il consumo di cibo. Quindi il catarismo può quasi essere definito una stessa continuazione del manicheismo in occidente, dove l’ultimo non ebbe una grande diffusione (sempre che non si considerino come pauliciani gli stessi catari).

RITI, TESTI, TRADIZONI DEI CATARI
Durante la vita i catari ricorrevano al consolament, un sacramento proprio di questo movimento per riconciliarsi con Dio, era una specie di confessione. Come già detto anche i catari vedevano Cristo come puro spirito, che non era figlio di dio ma era un angelo di nome Giovanni, secondo Belibasta; anche loro aderivano al concetto docetista della mera apparenza della nascita, vita e morte di Cristo sulla terra, nonché il suo sacrificio. Di conseguenza i catari non adoravano la croce, simbolo del cristianesimo ma anzi spesso la odiavano; non riconOscevano neanche la transutazione, ovvero la trasformazione del pane e del vino, durante l’eucarestia in corpo e sangue di Cristo.
In più i catari credevano che Satana fosse un angelo decaduto, il cui nome era Lucifero che aveva portato con se, nella sua decadenza, degli altri angeli che avevano creduto alle sue lusinghe e alle sue parole; questi erano successivamente diventati dei demoni che aiutavano il diavolo a compiere la sua opere di diffusione di piaceri, vizi e corruzione dell’anima e del corpo.
I catari avevano una serie di riti e usanze, quasi tutte estranee al cristianesimo; i riti più importanti erano:
- il Consolament, che consisteva in un’imposizione delle mani da parte di catari maturi su altri che riuniva in quel gesto la quasi totalità dei riti cristiani; il fedele tramite questo rito veniva in contatto con il signore, diventando così un cataro “puro”. Molto spesso il sacramento era richiesto solo in corrispondenza dell’imminente morte e quando non era così spesso i fedeli che l’avevano ricevuti morivano di digiuno per non incorrere in peccato;
- il Melhorament, che era una particolare forma di saluto tra fedeli;
- l’Apharelament, una confessione dei propri peccati che avveniva in pubblico;
- la Caretas, altro rituale che consisteva in un bacio che simboleggiava la pace;
- la preghiera del padre nostro che era l’unica accettata ma che aveva alcuni cambiamenti rispetto a quella cristiana; vi erano ovvero cambi in qualunque riferimento materiale, per esempio all’accezione del”pane quotidiano”, che era cambiato con “pane soprastanziale”.
Il cataro era generalmente vegetariana, abolendo ogni derivato dal latte o dal pollame, come formaggi o uova ma mangiando però pesci e crostacei; essi erano casti, rifiutando il matrimonio, non potevano mentire e molto spesso praticavano il digiuno totale o a pane ed acqua in corrispondenza di festività, di lievi peccati o di altre particolari situazioni.
I catari erano pacifisti, aborravano la violenza e soprattutto l’uccidere, anche se erano essi stessi direttamente minacciati; ciò non accadeva però per i simpatizzanti che potevano usare armi per difendere la loro causa. Da un punto di vista di organizzazione religiosa il capo di una comunità era un vescovo, mentre il perfetto suo successore era chiamato “figlio maggiore”ed il successore a sua volta era chiamato “figlio minore”. I catari avevano anche dei testi che seguivano e che prendevano come esempio di vita; questi erano il nuovo testamento, l’unico accettato in corrispondenza della religione cristiana, nonché diversi saggi scritti da stessi catari. Tra questi possiamo identificare: il liber de duobus principiis, scritto da Giovanni di Lugio definito come il massimo teologo cataro; l’Interrogatio Iohannis, un apocrifo bogomilo portato poi in Italia ed altri testi e traduzioni catare.


LUOGHI DI INFLUENZA DEL CATARISMO
La sua epoca di nascita e dubbia ed è totalmente riconducibile alle varie interpretazione della stessa nascita del movimento. Se si parla della sua nascita in Occidente alcune fonti lo indicano già dal 600, con alcuni sporadici casi nella Slavonia. La diffusione vera e propria del catarismo in Europa corrisponde però all’anno mille, con alcuni episodi descritti da Rodolfo il Glabro o Ademaro di Chabannes che parlavano di gruppi isolati di manichei in Francia Meridionale, citando alcuni episodi come Leutard o i canonici di Santa Croce di Orleans e degli eretici di Arras. Episodi simili sono segnalati nello stesso lasso di tempo anche in Italia.
La vita del movimento va però dall’XI sec a quasi la fine del XIII, identificandosi come il più importante movimento eretico del periodo.
Nonostante i ripetuti tentativi della Chiesa di convertire i catari, nella Francia meridionale (Linguadoca e Provenza) il catarismo si affermò maggiormente; Qui furono inviate numerose missioni per cercare di convertire gli eretici. Con una di queste si recò anche san Bernardo di Chiaravalle, il quale racconta che le chiese erano deserte e nessuno più si comunicava né faceva battezzare i figli. I missionari e il clero cattolico locale venivano malmenati, minacciati e insultati.
La nobiltà locale sosteneva attivamente la setta, vedendovi una possibilità di appropriarsi delle terre della Chiesa. Questa regione era stata, durante l’alto medioevo, parte del regno dei Visigoti, sviluppandosi come stato cuscinetto tra il regno dei Franchi a nord e gli Arabi a sud. Da questo si capisce perché, la politica e il linguaggio dell’Occitania (così veniva anche chiamata la regione della Francia meridionale a ridosso dei Pirenei) erano diverse dal resto della Francia.
L'eresia catara si diffuse in Europa con rapidità sorprendente. Nel 1012 si ha notizia di una setta a Magonza; nel 1018 e nel 1028 si fanno vivi in Aquitania; nel 1028 a Orléans; nel 1025 ad Arras; nel 1028 a Monforte (presso Torino); nel 1030 in Borgogna; nel 1042 e 48 nella diocesi di Chálons-sur-Marne; nel 1051 a Goslar. Buonaccorso, ex vescovo cataro, scrive della situazione in Italia attorno al 1190: "Non sono forse pieni di questi falsi profeti tutti i paesini, le città, i castelli?". E il vescovo di Milano affermava nel 1166 che nella sua diocesi c'erano più eretici che credenti ortodossi.
I primi sostenitori del catarismo furono i commercianti, gli artigiani e la grande e piccola nobiltà dell’Occitania; solo in seguito anche i contadini aderirono al catarismo, in particolare nel periodo delle persecuzioni. Ciò che dava maggior fastidio alla Chiesa era il fatto che a questa nuova eresia aderirono personaggi di rilievo come i conti di Foix, e di Tolosa, oppure i visconti di Carcassonne, Beziers e Albi.

LE REAZIONI DELLA CHIESA
Grazie al conte di Tolosa Raimondo VI e al nipote Raimond-Roger, visconte di Trencavel, le diocesi catare poterono svilupparsi indisturbatamente nei loro territori. Il catarismo stava quindi affermandosi come realtà religiosa nel sud della Francia: ciò allarmò la Chiesa ed in particolare il pontefice Innocenzo III (1198-1216): dapprima egli inviò famosi predicatori come Domenico di Guzman e Diego d’Azevedo, vescovo di Osma, per cercare di convertire i catari, ma nei dibattiti pubblici spesso avevano la meglio i teologi catari come Guilhabert de Castres. Allora il papa, usando come pretesto l’uccisione del legato papale Pietro di Castelnau a Sint-Gilles nel 1208, scatenò una vera e propria crociata contro i catari. Alla crociata parteciparono 20'000 cavalieri e oltre 200'000 tra soldati e servi; tra questi crociati vi erano vari nobili Francesi come il duca di Borgogna e il conte di Nevers ma soprattutto una gran quantità di avventurieri senza scrupoli, attirati dalla possibilità di ottenere nuove terre (o di diventare addirittura padroni delle città conquistate) e dall’indulgenza da tutti i peccati.
La crociata ebbe inizio nel 1209: la prima città ad essere assediata e conquistata fu Beziers: quando al legato papale, l’abate Arnaud Amaury, venne chiesto come distinguere i cittadini cattolici dagli eretici, egli rispose con la celebre frase:”Uccideteli tutti, Dio saprà riconoscere i suoi”. Così furono massacrate 20'000 persone e l’abate ricevette addirittura i complimenti da parte del papa stesso.
Sotto la guida di Simon de Montfort, i crociati espugnarono un numero impressionante di città e cittadine catare; i massacri acquisirono tali proporzioni che Innocenzo III si adoperò, senza successo, per mitigarli: le lotte si erano inasprite al punto di diventare un conflitto politico per ottenere il potere sulla Linguadoca. A tutte le conquiste seguivano mutilazioni di nasi, occhi e orecchie e ovviamente l’onnipresente rogo dove bruciare gli eretici. Un episodio a testimoniare la crudeltà dei crociati fu quello che seguì la conquista della cittadina di Lavaur nel 1211; furono bruciati sul rogo 400 catari e fu uccisa Giraude di Lavaur, una nobile catara, sorella del comandante della guarnigione, amata da tutti i suoi concittadini, anche cattolici. Fu gettata in un pozzo e lapidata a morte.
Tutti i signori di queste città lottarono affinché non cadessero nelle mani dei crociati, anche se questo significava passare per faydit, colui che era eretico o proteggeva gli eretici, e i loro terreni venivano dati in ricompensa ai soldati della Chiesa.
Nel 1212 intervenne nella crociata Pietro I, re d’Aragona, cognato di Raimondo, poichè molte delle terre conquistate dai crociati erano, almeno formalmente, di suo possesso. Schieratosi dalla parte dei catari, Pietro venne ucciso nell’assalto di Muret, dove gli aragonesi avevano assediato i nemici.
I crociati non riuscirono ad espugnare Tolosa, poichè Simon di Montfort fu ucciso durante l’assedio e il figlio Amaury non si rivelò in grado di continuare le conquiste del padre; inoltre, nel 1224, l’inesperto figlio di Simon fu persuaso da Luigi XIII, re di Francia, a far dono di tutte le terre conquistate alla corona francese. L’ incapacità di Amaury permise anche ai catari di riorganizzare le difese, in vista della “Crociata reale”, voluta dal papa Onorio III e chiamata così perchè guidata da Luigi VIII in persona.
Alla fine del 1229, Raimondo VII di Tolosa, spossato da una guerra che aveva ridotto allo stremo il meridione della Francia, si vide costretto a firmare un accordo di pace con Bianca di Castiglia, madre del nuovo re di Francia che era ancora minorenne. L’accordo prese il nome di trattato di Meaux: Raimondo conservò parte delle sue terre, cedendo il resto al re di Francia, giurò fedeltà al sovrano francese e promise che non avrebbe più aiutato i catari.

DECLINO E FINE DEL MOVIMENTO
Il catarismo cominciò ad avviarsi verso il declino a seguito delle crociate indette dalla chiesa e attuate da i nobili francesi che cercavano riscatto ed indulgenze. A sterminare del tutto il movimento fu l’introduzione nel 1233 dei Domenicani e più tardi dei Francescani, come organi inquisitori. Questi odiati dalla popolazione imperversarono nel territorio per circa cento anni, uccidendo a contrario di quanto si creda, non un grandissimo numero di persone ma generalmente solo i perfetti, che continuavano a predicare e definire il catarismo come unica verità.
Le loro tecniche di persuasione e di tortura furono però così ben architettate e ben pianificate che furono veramente i pochi coloro i quali non presero in odio gli inquisitori.
L’odio per questi ultimi si concretizzò nel 1242 ad Avignonnet, quando due di questi furono massacrati con il loro seguito dalla folla. Fu questa la scusa che produsse l’ultima e più crudele repressione nei confronti dei catari, che si erano asserragliati nella fortezza di Montsègur, dove dal 1243 al 1244 avvenne l’assedio finale che portò alla totale distruzione di questa eresia.
Da ricordare in questo evento fu il rogo successivo all’espugnazione della fortezza dove Bernard Marty e 225 catari furono bruciati. Con questo episodio il movimento fu definitivamente fermato eccezione fatta per alcuni isolati casi che rimasero nascosti alla chiesa.


IL CATARISMO IN ITALIA
In Italia il catarismo si diffuse nella parte centrale e settentrionale della penisola: secondo l’ex cataro Raniero Sacconi, solo i “perfetti”, erano circa 2’500 alla metà del XIII secolo; quindi considerando anche credenti e simpatizzanti, possiamo intuire che il movimento fosse piuttosto diffuso. Il primo vescovo italiano fu Marco di Lombardia e il suo successore Giovanni Giudeo: ma il movimento italiano si frazionò in sei chiese locali;

o Chiesa di Desenzano (lago di Garda): questi adepti (“albanensi”, dal nome del primo vescovo Albano) erano gli unici che praticassero un dualismo di tipo assoluto; altri vescovi importanti furono Belesinanza e soprattutto il teologo Giovanni di Lugio.
o Chiesa di Concorrenzo (Monza), la maggiore in Italia e i cui membri si chiamavano garattisti, dal nome del loro primo vescovo Garatto. I suoi successori furono Nazario e Desiderio; la chiesa si estinse con l’abiura dell’ultimo vescovo Daniele da Giussano.
o Chiesa di Bagnolo San Vito (Mantova): i fedeli venivano chiamati bagnolesi o coloianni dal nome greco del loro primo vescovo Giovanni il Bello. Di questa chiesa fece parte segretamente anche Armanno Pungilupo, morto nel 1269 e proposto per la canonizzazione perchè ritenuto in vita persona di notevole rettitudine e santità e fatto oggetto di pellegrinaggi e venerazioni dopo la morte. Purtroppo un’inchiesta voluta da papa Bonifacio VIII rivelò che Pungilupo era cataro e quindi fu condannato postumo.
o Chiesa di Vicenza o della Marca di Treviso, fondata da Nicola da Vicenza, primo vescovo, seguito da Pietro Gallo, noto per la confutazione delle sue dottrine da parte di San Pietro Martire da Verona, il quale, secondo la leggenda, fu un cataro pentito, diventato poi un inquisitore domenicano.
o Chiesa di Firenze, fondata Pietro (Lombardo) di Firenze, di cui faceva parte Farinata degli Uberti, il celebre condottiero ghibellino cantato nell’ Inferno di Dante.
o Chiesa di Spoleto e Orvieto, fondata da Girardo di San Marzano e proseguita da due donne, Milita di Marte Meato e Giuditta di Firenze. La chiesa si estinse con l’abiura dell’ultimo vescovo, Geremia.

In Italia il catarismo ebbe un notevole successo, dovuto soprattutto all’appoggio che ricevette dai ghibellini, che agivano in chiave antipapale. Il tutto durò fino alla battaglia di Benevento nel 1266, quando la sconfitta del partito ghibellino e la conseguente affermazione del partito guelfo degli Angioini, fece mancare al catarismo i potenti appoggi avuti fino a quel momento. Il declino del catarismo italiano culminò con l’espugnazione della rocca di Sermione nel 1276; qui si erano rifugiati i vescovi delle chiese di Desenzano e Bagnolo San Vito, oltre a numerosi perfetti italiani e occitani. Tutti furono arrestati e portati a Verona, dove 174 perfetti furono bruciati sul rogo nel 1278.



 
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